LA BAMBINA CHE NON TOLLERAVA UN BATTITO D'ALI

Sandra Vincenzi
marzo 2013


La bambina che non tollerava un battito d'ali



Un gruppo di bambini, di terza elementare, segue un maestro di sci sulla neve che dice loro: “Adesso bambini guardate Laura scendere... vedete che stringe le punte degli sci e controlla la discesa. Ecco fate tutti come lei. Vai Laura!”. E Laura scende a spazzaneve, attenta, sicura e...felice. Più tardi i bambini, che sono i suoi compagni di scuola, dicono alla sua mamma: “Ma sai che la tua Laura è proprio brava a sciare?”.

Laura ha 11 anni, ma ha l'aspetto di una bimba di 5 anni. E' inserita in una delle due terza della scuola primaria di Puegnago del Garda.

Incontro Barbara, la mamma di Laura, al mattino all'entrata a scuola. Sta parlando con un altro genitore e da lontano già vedo che ha una luce diversa dal solito: è raggiante. Appena mi è possibile mi avvicino e le chiedo: “Allora com'è andata?”. Barbara è al colmo della felicità, della sorpresa, dell'incredulità...: “E' fattibile per i nostri bambini.... è fattibile!”.

Barbara, con le insegnanti, ha organizzato questa gita scolastica sui campi di sci di Asiago, dove Laura da anni si reca per effettuare le settimane bianche con maestri specializzati nel seguire bambini disabili. Tutti i bambini hanno sciato  in quella giornata e lei, Laura, per un giorno è stata maestra di sci per i suoi compagni di classe.

Immagino Laura sciare e mi tornano alla mente le parole della mamma, quando mi raccontava la storia della “sua creatura”, come la chiama lei; chiamata  anche “caccolina” allorché nel 2006, a 4 anni compiuti, fece l'esperienza della prima settimana bianca con i maestri specializzati di Asiago. Allora Laura era molto... molto piccola, fisicamente, cognitivamente, e la chiamavano “caccolina” perché non la vedevi, era molto più piccola del bambino più piccolo che c'era in quell'esperienza sulla neve.

Ma prima di arrivare a raccontare di com'è cominciata l'avventura di Laura sugli sci, partiamo dall'inizio.

Barbara racconta: “quando Laura è nata, i medici hanno sospettato avesse la sindrome di Zellweger: dopo gli accertamenti ci hanno detto che era tutto normale. Passata questa fase, noi però abbiamo visto a casa che Laura non cresceva pertanto abbiamo cominciato la ricerca di una diagnosi. Nonostante l’aspetto fisico  e le sue caratteristiche sembravano rientrare nel quadro clinico della sindrome di Wolf-Hirschhorn, a livello genetico non usciva nessun risultato in quel senso.. . E a quel punto gli specialisti interpellati non hanno più saputo dirci niente, né sulla diagnosi, né su cosa fare. Nessuno più si azzardava a provare qualcosa, perché Laura era una bambina destinata a non camminare, non avrebbe deglutito, non avrebbe potuto parlare, avrebbe potuto avere problemi di organi.”

Gli accertamenti genetici su Laura confermano, a 7 anni, la sindrome di Wolf-Hirschhorn, una malattia dello sviluppo rara e portatrice di una disabilità grave, che determina ritardo della crescita, deficit cognitivo, grave ritardo dello sviluppo psicomotorio ed ipotonia.

Laura ha cominciato a camminare dopo la prima settimana bianca sugli sci, a 4 anni. Prima di allora la mamma aveva fatto con lei un grosso lavoro di riabilitazione seguendo il metodo Vojta.

Poi, la mamma racconta che:...”L'avventura sugli sci è iniziata grazie alla nostra specialista, Marilena Pedrinazzi di Milano. Quando Marilena ha visto Laura verticalizzarsi, ovvero stare in piedi ma non camminare, ci ha proposto di portarla a sciare ad Asiago. Dopo la prima settimana bianca, siamo tornati a casa e Laura, mentre prima preferiva negli spostamenti il gattonare   perché il verticalizzarsi, fare qualche passo era un grosso sforzo, di ritorno dalla settimana bianca Laura ha subito cominciato a camminare, invece che gattonare, che per lei voleva dire muovere qualche passo, che prima di allora era veramente difficile.”

Ma cos'era successo in quella prima settimana bianca?

Barbara: “Arrivati ad Asiago, abbiamo trovato un ambiente molto accogliente; il capire cosa fare coi maestri, come organizzarsi, non è stato difficile, perché gli altri genitori erano molto disponibili nello spiegare, nell'aiutarci, poiché tutti hanno passato quella fase iniziale, quindi credo che diventi proprio naturale. La cosa che a me ha preso il cuore e lo stomaco è stata la prima lezione di Laura: per me è stata estremamente drammatica. L'ho vissuta con sofferenza tanto che Marilena mia ha detto “via di qua, torna tra un'ora”. Laura urlava di un pianto inconsolabile...”

Papà Franco giustifica così quel pianto: “...prima gli scarponi che Laura non aveva mai messo e che lei sentiva come una costrizione... poi i maestri l'hanno incartonata attorno alle gambe, per permetterle di stare ritta accanto alla gamba del maestro... poi è scesa avvinghiata alla gamba del maestro... erano tutte cose nuove”.

Barbara continua: “Non era la prima volta che lei andava in mano a qualcun altro perché ha fatto il nido,  però era la prima volta che quel qualcun altro faceva delle cose molto strane con lei. Al nido viveva delle situazioni che erano pressoché famigliari, nanna, gioco, pappa... qui era una cosa completamente nuova...”

Poi passa la prima ora... e il pianto di Laura era più per la costrizione in cui si trovava, ed è durato per quasi metà della settimana. L'anno successivo, per sollevare Laura dalla costrizione, già a metà settimana gli sono stati tolti i cartoni e le cose sono migliorate un po' alla volta.

Franco: “Verso fine settimana il pianto non c'era più perché Laura cominciava a capire che era una cosa bella sciare, scendeva sorridente. Solo se ci vedeva,  piangeva ancora, allora non ci facevamo vedere...

Barbara: “...  le altre mamme  le pulivano il naso quando arrivava allo skilift...”

Franco,  ridendo: “... oppure le timbravano lo skipass. Quando siamo tornati a casa abbiamo visto subito i risultati”.

Barbara: “Penso che veder camminare Laura sia stata la realizzazione di un’utopia, la certezza che lavorare con i nostri bambini si può, non solo migliorare, ma anche contraddire quello che le diagnosi ci portano a credere. Per me questa esperienza è stata la prova... da lì in poi ho capito che delle diagnosi... o meglio, ne tengo conto perché comunque Laura deve essere inquadrata in qualcosa, ma da lì a farne di queste caselle dei limiti, NO!. E il fatto che lei camminasse, a dispetto delle diagnosi, per me è stata la prova.”

Franco: “L'emozione che si prova quando si vede camminare un figlio... erano quattro anni che aspettavamo...”

Poi ci sono stati dei miglioramenti negli anni... dopo la prima si sono succedute le successive settimane bianche.

Barbara: “Di anno in anno, nello sci sono subentrate altre difficoltà e anche miglioramenti. Miglioramenti perché proprio per la sua ipotonia muscolare i primi anni tra una lezione di sci e l'altra Laura era proprio stanca, dormiva. Di anno in anno questo aspetto è migliorato,  le gambette hanno sempre retto meglio, non solo lo sforzo ma anche una successiva reattività. Sono nel frattempo subentrate altre difficoltà: come fare a spiegarle a sciare? Finché aveva i cartoni o scendeva tra le gambe dei maestri non c'erano problemi; nel momento in cui ha cominciato a stare in piedi da sola e dovendo seguire l'andamento dello sci con le proprie forze e quindi imparare a tenere gli sci,  le puntine, tutto un mondo nuovo le difficoltà non sono state poche... ancora oggi Laura non è in grado di pedalare perché non riusciamo a trasmetterle il significato della pedalata... facciamo fatica a farle capire cosa vogliamo che lei faccia. “

Ripenso a Laura mentre scia davanti ai suoi compagni di scuola. Barbara mi dice: “è stata una fortuna che nella sua classe fossero pochi i bambini che sapessero già sciare, perché così hanno provato la fatica e la difficoltà dello sci e nel contempo vedevano che Laura era capace, ci riusciva!”.

Barbara: “Altra conquista grazie allo sci è stato l'equilibrio, metterla in asse. Tutte le volte che si torna dalla settimana bianca Laura è più centrata e affronta con più capacità il cammino. Se in una strada c'era un piccolo dislivello per Laura questo costituiva già un problema, e chiedeva la mano per continuare. La centratura è stato il risultato più evidente al ritorno dalle settimane bianche, che poi piano piano durante l'anno un po'  perde, ma che nei primi mesi ci permette di continuare gli esercizi necessari per aiutare Laura a camminare sempre meglio, a correre.”

“Anche la vita in albergo ha goduto di grandi miglioramenti. All'inizio si morsicava, non capiva, sentiva il rumore nei luoghi di ritrovo dell'albergo, era a disagio e voleva sempre stare in camera. Gli altri genitori, i proprietari dell'albergo, si sono sempre rapportati a Laura in modo consono, con estremo rispetto, un rapporto vero, non di convenienza, tant’è che questo, piano piano, ha permesso a Laura di non andare in stress. Avevamo una bambina che per un battito d'ali andava in crisi e con questo modo di rapportarsi lei è riuscita a reggere un pochino di più le situazioni. Adesso invece lei si lascia toccare e riesce a stare negli ambienti dell’albergo con le altre famiglie.”

Franco e Barbara sono appassionati di sci. Barbara dice: “Il fatto che lo sci abbia aiutato Laura a togliersi dei limiti, a rinforzarsi, non un altro sport, mi ha fatto sentire orgogliosa di poter partecipare con lei alla sua crescita attraverso proprio questa mia passione. E mi sono sentita anche fortunata per il fatto di aver vissuto lo sci con tanta passione, perché sulla neve mi sento sicura, mi muovo bene!”.

Barbara: “La disabilità di Laura mi ha insegnato a dare il valore vero alle cose, discernere ciò che ti porta ad una migliore qualità della vita, e  tagliare tutto ciò che non ha significato. Con lei non puoi scegliere le cose tanto per fare, ma bisogna STARE DENTRO IN QUELLO CHE E' VERO E MOLLARE QUELLO CHE NON LO E'.. Poi mi ha insegnato che è un po' dura.... e che la relazione col mondo delle persone è di una difficoltà estrema perché il diverso fa paura. E' un lavoro quotidiano riuscire a mantenere le relazioni. Ci sono delle relazioni molto belle ma anche dei doverosi tagli radicali da effettuare; persone che spariscono e ti accorgi che non puoi fare altrimenti e nuove persone che ti camminano accanto. Grazie a Laura viviamo una vita intrisa di un patrimonio prezioso ma anche difficile da gestire.”

E ritorno col pensiero alla gita scolastica ad Asiago. Penso a papà Franco che, tutto indaffarato, si affaccenda dietro i compagni di Laura; fa le foto ad ognuno e per tutti in ricordo di quella bella giornata; li aiuta a mettersi il gancio per la risalita sullo skilift; e ancora... li prepara, insieme a Barbara, alla lezione di sci, per poi ricambiarsi e risalire sul pullman. Succede che i papà amino occuparsi non solo delle loro creature, ma anche dei figli degli altri, e nello sport questo per loro è proprio possibile, anzi utile e diventa una grande risorsa per tutti. E in quella gita papà Franco è diventato aiuto e papà un po' di tutti.

Anche Barbara è stata una grossa risorsa per la riuscita dell'esperienza. Sul nastro trasportatore i bambini la chiamavano: “Mamma di Laura, aiuto! Io vado indietro, come si fa?”.

E' da ottobre che questa mamma sta lavorando con i maestri di sci, con le maestre per organizzare questa esperienza che è la conclusione, il raggiungimento di un obiettivo di integrazione molto grande, e l'inizio di qualcosa di nuovo, di un modello che è esportabile anche per altre scuole, altre maestre, altri bambini disabili. “E' fattibile!”. Sì, è proprio fattibile!


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